venerdì 24 dicembre 2010

I venerdì del libro n.27

Aderiamo con molto piacere all'iniziativa di Home Made Mamma.

Mamma C: Michela Murgia - Accabadora (2009)


Acabar in spagnolo significa finire ed in effetti l'accabadora in sardo è colei che "finisce", che compie l'atto di estrema generosità di porre termine alle esistenze altrui, quelle ormai arrivate a fine corsa. Ufficialmente lei è una sarta, che ha preso in casa una bambina, Maria, in modo da crescerla ed istruirla al mestiere. Ma a Maria non sfuggono le uscite notturne di Tzia Bonaria, l'aurea di mistero che la circonda, gli sguardi del paese..
Una Sardegna degli anni '50, fatta di silenzi, di regole sottointese, di orgoglio, di povertà e di fierezza.
La Murgia con questo libro ha vinto il Campiello 2010 e, a mio parere, con merito, toccando coraggiosamente per altro un tema di estrema attualità.

"Fillus de anima.
E' così che chiamano i bambini generati due volte, dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un'altra. Di quel secondo parto era figlia Maria Listru, frutto tardivo dell'anima di Bonaria Urrai.
Quando la vecchia si era fermata sotto la pianta del limone a parlare con sua madre Anna Teresa Listru, Maria aveva sei anni ed era l'errore dopo tre cose giuste. Le sue sorelle erano già signorine e lei giocava da sola per terra a fare una torta di fango impastata di formiche vive, con la cura di una piccola donna. Muovevano le zampe rossastre nell'impasto, morendo lente sotto i decori di fiori di campo e lo zucchero di sabbia. Nel sole violento di luglio il dolce le cresceva in mano, bello come lo sono a volte le cose cattive. Quando la bambina sollevò la testa dal fango, vide accanto a sé Tzia Bonaria Urrai in controluce che sorrideva con le mani appoggiate sul ventre magro, sazia di qualcosa che le aveva appena dato Anna Teresa Listru. Cosa fosse con esattezza, Maria lo capì solo tempo dopo."

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Mamma F: Arthur Schnitzler - Beate e suo figlio (1913)

Schnitzler è il "doppio" letterario di Freud, solo che, al posto di essere noioso come la morte come Freud, è un romanziere coinvolgente e attualissimo ("Doppio Sogno" è diventato il Kubrikiano "Eyes Wide Shut") che mi diverte e mi scavicchia ogni volta che lo leggo. Uno dei libri più appassionanti è questo "Beate e suo figlio", la cui trama traggo da internet.
La vedova Beate è in villeggiatura con l'amatissimo figlio Hugo, immagine vivente del marito, un famoso attore morto cinque anni prima, a cui la donna intende restare fedele. Mentre il figlio diciassettenne diventa l'amante di una matura attrice, la madre intreccia quasi involontariamente una relazione col giovane amico di Hugo. Beate si accorge, con compiacimento e ripulsa allo stesso tempo, di essere entrata a far parte di un mondo "privo di leggi morali", nel quale si fondono sogno e passione, un mondo che la donna aveva conosciuto attraverso il marito, ma che ai tempi della sua vita coniugale essa aveva saputo conciliare con l'esistenza borghese. Nel vortice degli sdoppiamenti e delle somiglianze, nei parallelismi delle situazioni, Beate perde ogni appiglio: anche l'immagine del marito si rivela mendace e l'amore per lui un inganno. Beate scopre di non aver amato il marito, che forse la tradiva, bensì le mille maschere tragiche ed eroiche dell'attore, che le schiudevano "quell'esistenza selvaggia e avventurosa da lei vagheggiata nei suoi sogni più segreti". Il finale, come sempre ve lo lascio in sospeso.
Chi ha marito, chi ha figli si sente chiamato in causa a valutare il proprio modo di gestire i rapporti, il proprio "essere borghese", l'uscire dagli schemi per trasgredire o sopravvivere.
Chi invece non ha voglia di fare autocosceinza con un libro, si gode una storia piena di colpi di scena.


Qui trovate i nostri precedenti Venerdì del libro.


Partecipano questa settimana:

1 commento:

:: Grazie delle tue parole :: Mamma C&F